Dopo il feroce e un po' furbo "Madrigale senza suono" di Andrea Tarabbia, ho letto
anche “Il giardino delle mosche” dello stesso autore. Un romanzo “penecentrico”
e antisovietico. Con incredibile perizia linguistica si ripercorre la vita di
un efferato serial killer, Andrej
Čikatilo, il quale uccide, squarta, sezione e sbrana, cibandosene, alcuni organi "più
viventi" delle vittime, soprattutto bambine e donne, ma non solo. Devo
riflettere ancora su che cosa questi due terribili romanzi mi abbiano trasmesso
o fatto conoscere al di là del gran guignol del principe di Gesualdo nel XVI secolo o della
follia vendicativa di Andrej negli anni del tramonto dell'URSS. Ho ammirato la
capacità dell'autore di seguire trame e sviluppare ossessivamente
introspezioni, ma ne sono uscita atterrita sulle possibilità del Male, sul
dettaglio trucido sezionato, vivisezionato, tutto maschile e autoritario, ebbro di potere, compiaciuto del dolore. Impenitente.
Non c'è una chiara polemica anticomunista ne 'Il giardino delle
mosche’ (che vanta illustri precedenti di crudeltà immane, penso a Jack the
ripper o a Jean-Baptiste
Grenouille o a Hannibal Lecter), ma è abbastanza evidente come
l'autore non salva nulla di quella esperienza storica, tanto che il suo protagonista
che si definisce, ovviamente, uomo buono, si attribuisce le stesse intenzioni
dello Stato, il Dio delle carni, laddove la sua "carne" è flaccida e
impotente. Possibile che non ci fosse un piccolo spiraglio di bene sia nell'una
che nell'altra società ed epoca?
Tutto questo mio pistolotto in realtà è collegato a un incontro di ieri,
nel porto di Karlovassi. Quando si sbarca si intravede subito un piccolo grumo
di casette sotto gli alberi a destra rispetto al molo. Una di esse
attira sempre la mia attenzione. Ha un giardino speciale che mi ricorda tanto
la mia casa di bambina, fatto di latte di pesce conservato, di formaggio o di
olio, trasformate in formidabili fioriere che occultano quasi l'assenza di
terreno. Si ha l’immagine di un giardino galleggiante lungo un breve vialetto
che porta all’ingresso della casa, sbarrato in parte da un muretto sul quale le latte
fiorite ripetono il miracolo del giardino. Fino a ieri non ho mai visto nessuno
che abitasse in quel piccolo eden. Fino a ieri sera.
Il porto di Karlovassi è un punto privilegiato per godere il tramonto
sull’isola. E rieccoci qua davanti alla casa fiabesca. C’è una signora della
mia età o giù di lì che innaffia. Mi avvicino, è il momento di avventurarmi col
mio greco traballante, vorrei dirle che la sua casetta è meravigliosa, la più
bella dell’isola. Abbiamo un vestito dello stesso colore verde salvia, gli
stessi capelli grigi ribelli e raccolti Mi guarda sospettosa, ma si scioglie
subito al mio Kalinicta!
Glielo dico, traballando sulle sillabe, offendendo il ritmo della lingua
magnifica ed evocativa:
- To spiti su ine caliteri sto Karlovassi. E faccio cenno alla latta
dipinta di rosso sulla quale spicca una falce e martello in giallo. Le brillano
gli occhi, e il suo viso si distende in un radioso sorriso di riconoscimento.
Apò pu iste? Italìa?
Non so come rispondere, potrei dire ‘Me lene Maria’, sì vengo dall’Italia,
il balbettio aumenta, la commozione anche.
- Despina! - dice mentre le nostre mani si intrecciano e si aggrappano
quasi l’una all’altra.
E ripenso a Tarabbia e al suo Andrej. Al mostro, personaggio e Stato.
Quell’icona gialla sul vaso di latta ci ha fatto riconoscere, ci siamo per un istante ritrovate nel vecchio condiviso sogno della fratellanza
internazionalista, nella solidarietà e nella risposta ai bisogni di una
politica oggi sempre più iena e balorda, nel tradimento di chi promette e si
incista nei propri interessi di casta all’Est come all’Ovest. E le bugie
cresciute come scorie sul mondo che volevamo. Ci siamo inventate tutto?
Mantengo dentro di me la commozione di quella stretta di mano per tutta la
serata, anche dopo il tramonto che ha fatto divampare nel cielo un rosso
indimenticabile. Tra compagne è così.
Aggiornamento:
*Spesso nella storia i sogni di costruire un mondo migliore sono stati sconfitti, Ma hanno continuato a lavorare sotterraneamente. E alla fine hanno contribuito a cambiare davvero. Io continuo a credere che questo mondo sempre più pieno di guerra, di violenza, di estreme disparità sociali, di bigottismo, di gruppi nazionali, razziali, locali, che si chiudono nella propria identità gli uni contro gli altri, non sia l'unico mondo possibile. E forse non sono il solo".
da "Ci sono luoghi al mondo dove più che le regole è importante la gentilezza" di Carlo Rovelli.
Aggiornamento:
*Spesso nella storia i sogni di costruire un mondo migliore sono stati sconfitti, Ma hanno continuato a lavorare sotterraneamente. E alla fine hanno contribuito a cambiare davvero. Io continuo a credere che questo mondo sempre più pieno di guerra, di violenza, di estreme disparità sociali, di bigottismo, di gruppi nazionali, razziali, locali, che si chiudono nella propria identità gli uni contro gli altri, non sia l'unico mondo possibile. E forse non sono il solo".
da "Ci sono luoghi al mondo dove più che le regole è importante la gentilezza" di Carlo Rovelli.
Troppo brava la mia amica, densa e intensa
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