venerdì 2 agosto 2019

Ballade des dames du temps jadis


Dopo il feroce e un po' furbo "Madrigale senza suono" di Andrea Tarabbia, ho letto anche “Il giardino delle mosche” dello stesso autore. Un romanzo “penecentrico” e antisovietico. Con incredibile perizia linguistica si ripercorre la vita di un efferato serial killer, Andrej Čikatilo, il quale uccide, squarta, sezione e sbrana, cibandosene, alcuni organi "più viventi" delle vittime, soprattutto bambine e donne, ma non solo. Devo riflettere ancora su che cosa questi due terribili romanzi mi abbiano trasmesso o fatto conoscere al di là del gran guignol del principe di Gesualdo nel XVI secolo o della follia vendicativa di Andrej negli anni del tramonto dell'URSS. Ho ammirato la capacità dell'autore di seguire trame e sviluppare ossessivamente introspezioni, ma ne sono uscita atterrita sulle possibilità del Male, sul dettaglio trucido sezionato, vivisezionato, tutto maschile e autoritario, ebbro di potere, compiaciuto del dolore. Impenitente. 
Non c'è una chiara polemica anticomunista ne 'Il giardino delle mosche’ (che vanta illustri precedenti di crudeltà immane, penso a Jack the ripper o a Jean-Baptiste Grenouille  o a Hannibal Lecter), ma è abbastanza evidente come l'autore non salva nulla di quella esperienza storica, tanto che il suo protagonista che si definisce, ovviamente, uomo buono, si attribuisce le stesse intenzioni dello Stato, il Dio delle carni, laddove la sua "carne" è flaccida e impotente. Possibile che non ci fosse un piccolo spiraglio di bene sia nell'una che nell'altra società ed epoca?
Tutto questo mio pistolotto in realtà è collegato a un incontro di ieri, nel porto di Karlovassi. Quando si sbarca si intravede subito un piccolo grumo di casette sotto gli alberi a destra rispetto al molo.  Una di esse attira sempre la mia attenzione. Ha un giardino speciale che mi ricorda tanto la mia casa di bambina, fatto di latte di pesce conservato, di formaggio o di olio, trasformate in formidabili fioriere che occultano quasi l'assenza di terreno. Si ha l’immagine di un giardino galleggiante lungo un breve vialetto che porta all’ingresso della casa, sbarrato in parte da un muretto sul quale le latte fiorite ripetono il miracolo del giardino. Fino a ieri non ho mai visto nessuno che abitasse in quel piccolo eden. Fino a ieri sera.
Il porto di Karlovassi è un punto privilegiato per godere il tramonto sull’isola. E rieccoci qua davanti alla casa fiabesca. C’è una signora della mia età o giù di lì che innaffia. Mi avvicino, è il momento di avventurarmi col mio greco traballante, vorrei dirle che la sua casetta è meravigliosa, la più bella dell’isola. Abbiamo un vestito dello stesso colore verde salvia, gli stessi capelli grigi ribelli e raccolti Mi guarda sospettosa, ma si scioglie subito al mio Kalinicta!
Glielo dico, traballando sulle sillabe, offendendo il ritmo della lingua magnifica ed evocativa:
- To spiti su ine caliteri sto Karlovassi. E faccio cenno alla latta dipinta di rosso sulla quale spicca una falce e martello in giallo. Le brillano gli occhi, e il suo viso si distende in un radioso sorriso di riconoscimento.
Apò pu iste? Italìa?
Non so come rispondere, potrei dire ‘Me lene Maria’, sì vengo dall’Italia, il balbettio aumenta, la commozione anche.
- Despina! - dice mentre le nostre mani si intrecciano e si aggrappano quasi l’una all’altra.
E ripenso a Tarabbia e al suo Andrej. Al mostro, personaggio e Stato.
Quell’icona gialla sul vaso di latta ci ha fatto riconoscere, ci siamo per un istante ritrovate nel vecchio condiviso sogno della fratellanza internazionalista, nella solidarietà e nella risposta ai bisogni di una politica oggi sempre più iena e balorda, nel tradimento di chi promette e si incista nei propri interessi di casta all’Est come all’Ovest. E le bugie cresciute come scorie sul mondo che volevamo. Ci siamo inventate tutto?
Mantengo dentro di me la commozione di quella stretta di mano per tutta la serata, anche dopo il tramonto che ha fatto divampare nel cielo un rosso indimenticabile. Tra compagne è così.

Aggiornamento:
*Spesso nella storia i sogni di costruire un mondo migliore sono stati sconfitti, Ma hanno continuato a lavorare sotterraneamente. E alla fine hanno contribuito a cambiare davvero. Io continuo a credere che questo mondo sempre più pieno di guerra, di violenza, di estreme disparità sociali, di bigottismo, di gruppi nazionali, razziali, locali, che si chiudono nella propria identità gli uni contro gli altri, non sia l'unico mondo possibile. E forse non sono il solo".
da "Ci sono luoghi al mondo dove più che le regole è importante la gentilezza" di Carlo Rovelli.