martedì 31 maggio 2022

Ritorno a casa

 



Ritorno a casa


In cucina, sì, proprio in cucina, nel cuore della casa. Il dolce è lì sulla tavola a fare da tramite tra loro due. Come quando erano piccoli e si dividevano il dolce rubato dalla dispensa, appollaiati sul ramo più basso del ciliegio che solo una fragile staccionata separa ancora dal ciglio del fosso. Lei rimane con le braccia incrociate sul tavolo come non sapesse dove metterle. Le scioglie soltanto quando suo fratello le passa il cucchiaino.

‒ Ne vuoi? E spinge il vassoio verso di lei

Lisa si ritrae. Ha un vestito di cotonina a fiorellini, con una sfilza di bottoncini sul davanti. Si tiene dritta sulla sedia senza appoggiarsi allo schienale. Sospesa. Negli occhi tristezza sconfinata. Lui fissa come ipnotizzato i bottoncini del suo vestito. Non osa alzare gli occhi e guardarla in viso.

“Non capisco cosa ci sia in questo dolce. Cos’è”?

La domanda di lui la coglie di sorpresa. Vorrebbe dirgli: ma sei scemo? È il solito cheese cake, dolce di famiglia. Non te lo ricordi? Lo faceva la mamma. La mamma. Parlare con lui è faticoso, il solo vederselo davanti è quasi insostenibile.

Lui si è messo in bocca il cucchiaino più volte, il dolce è praticamente dimezzato. Già, il dolce. Ma i discorsi tra loro sono ancora taciuti. Nemmeno iniziati veramente.

“Sono qui solo perché mi hai chiamato”.

Lui posa il cucchiaino sulla tavola. Il cucchiaino luccica, tra i residui di crema bianca. Luca lo riprende nervosamente, ma gli sfugge di mano, e gli cade risuonando su pavimento. Adesso la guarda direttamente negli occhi ed è lei che abbassa lo sguardo come a trovare dentro di sé la forza di rispondere.

Ha davanti a sé un fantasma, il fantasma del fratello allegro e scanzonato di una volta.

“Vuoi sapere ancora perché l’ho fatto?”

Lei alza una mano per interromperlo. “No, zitto, non voglio sentire niente”.

Le braccia si sono strette al seno. C’è qualcosa dentro di sé che Lisa non vuol lasciar andare. Rideva Lisa quella sera, di ritorno dal cinema. Ha suonato il campanello prima di infilare le chiavi nella toppa, come d’abitudine. “Sono qui, sono tornata!” L’immagine dei suoi, riversi sul divano in salotto, la tempia di suo padre insanguinata, il petto di sua madre macchiato di sangue… E poi l’arrivo della polizia. “Signorina, cosa è successo…”

Era stato Luca a telefonare, due giorni dopo. “Sono io, venite a prendermi”.

Il carcere lo ha segnato, ma forse sarà l’età, si sorprende a pensare Lisa. Ci sentiamo tutti vecchi e stanchi. Luca ha perso i capelli prima che diventassero bianchi, ma i suoi occhi sono ancora febbricitanti, lo stesso delirio di tanti anni prima. La stessa frenesia nei gesti.

Piano, fa piano”: la voce esasperata di sua madre, quando lui entrava in casa come un ciclone e gettava per terra lo zaino con i libri, correndo al piano di sopra. Musica a gogò nella camera invasa dal fumo, e la sguardo sconfitto di sua madre che si chinava a raccattare lo zaino, il giubbino e tutto quello che Luca Pollicino seminava intorno con allegra spudoratezza.

Sì, c’era stata allegria nella loro famiglia, ma erano tempi di leggenda quelli.

“Quando arrivano i tuoi figli da scuola?”

“Oggi non torneranno a casa. Andranno dalla nonna, dall’altra nonna”

“Temevi che mi incontrassero? Che incontrassero il mostro, l’assassino dei suoi genitori?”

“Sì, loro sanno che sei in viaggio, lontano per il mondo. Anzi fanno domande curiose su di te, sui tuoi viaggi esotici.”

“Bene. Avrai parlato prima con tuo marito delle tue intenzioni.”

“Sì, è d’accordo con me”

“Vedo che non vuoi parlare, allora lo faccio io. Mi hai chiamato, sono venuto, eccomi. Ti avverto, non sono disposto a subire un altro processo.”

Sembra arreso alla vita, al suo destino di cattivo. Luca si china raccoglie il cucchiaino da terra, ci soffia sopra.

A Lisa, senza volerlo, scappa un cenno di sorriso. “Sei sempre lo stesso, te ne do uno pulito.”

“Andiamo fuori, sotto il ciliegio?”

Lui annuisce con lo sguardo perso. “Prendo un piattino, è buono questo dolce. Lo porto fuori e finisco di mangiarlo lì.”

Di nuovo. Ancora una volta loro due , Lisa e Luca, un dolce e il ciliegio. Lisa si anima, sente dentro di sé una forza, quella che per tanti anni non ha avuto. L’eco della voce di sua madre che le dice “bada a tuo fratello”. “Mamma, che cosa terribile mi stai chiedendo. Non ce la faccio.” E così che inavvertitamente gli prende la mano: “Va bene andiamo sotto il ciliegio.”

Non si chiede più cosa dirà o farà Luca, l’assassino, il reprobo, il fratello. Il ragazzino spensierato con cui ha condiviso risate e baruffe. Adesso è venuto il momento di riportarlo a casa.

Il piattino è vuoto, Luca ha raccolto fin l’ultima briciola del dolce.

Si guardano negli occhi adesso. “Vuoi rimanere un po’ con noi? So che non hai un posto dove stare.”

“Perché mi inviti a stare qui, in questa casa, proprio qui?” Giocherella col piattino, poi lo poggia a terra e rimane con le mani appoggiate sulle ginocchia a guardarlo.

Lisa sente su di sé il peso della vergogna e del dolore di lui. “Pensaci, rimani qui almeno per questa notte almeno e domani mattina ne riparliamo”

Luca china più volte la testa per dire va bene, ma le parole gli si strozzano in gola.


È mattino, la luce entra prepotentemente dalla finestra. Luca sente arrivare dal piano di sotto le voci dei bambini di Lisa che salutano. Vanno a scuola. “Ciao, mammina”. Già, ciao mamma.

In cucina lei sta rassettando, mettendo a posto il caos mattutino di tre bambini che fanno colazione “Ah, sei qui. Ti sei svegliato tardi. I bambini sono già andati”. Non gli chiede cos’ha deciso, non gli chiede niente. Aspetta che sia lui a dirle qualcosa.

“Lisa”

“Sì?”

“Ho visto che il ciliegio ha bisogno di una potatura” Deglutisce Luca, parla sottovoce. “Potrei farlo io, se vuoi.”

“Va bene” risponde piano Giulia, controllando l’affanno del cuore.


Bada a tuo fratello. Va bene, mamma.