Il viaggio è incominciato, anzi
interrotto. La prima sosta è imposta dalle guerre, dalle piccole, futili guerre di
posizione di due persone che si incamminano verso la meta, ma con nella mente
sentieri diversi. Ogni tanto i sentieri si intersecano e allora: sosta.
L’hotel è il solito da parecchi anni: non ci
chiedono più nemmeno il documento. Sanno che vogliamo una camera non fumatori.
Ci siamo arrivati in macchina: è nuova, scintillante e sufficientemente tamarra
per farmi immortalare al suo fianco. Poi penso che è una 4x4 dei poveri e
comincia a piacermi di più. Odio i cassoni che occupano tronfi le corsie delle
strade cittadine. Noi si va in Grecia: strade sterrate aspettateci! Ma giacché
ci siamo, perché non acquistare un bottiglia di grappa al vicino supermercato. Farebbe il paio con quella di ouzo che abbiamo
ricevuto in dono l’anno scorso dal nostro albergatore di Lesbo.
- Christofore!
Il richiamo di María, sua moglie, si fa acuto ogni qual
volta lui mi si avvicina.
- Se sei italiana, Christoforos
parla italiano, se sei inglese, lui parla inglese!
La mia omonima mi mette con acido garbo in guardia nel caso mi passasse qualche grillo per la testa. Il
filosofo fa finta di nulla. Sorride sornione, al solito. Per questo che ha i
baffi.
-María, - mi fa Cristoforos -
conosci quella canzone “a casa di Irene si mangia si beve, a casa di Irene l’amore
si fa”? – e rimane con la mano a mezz’aria e un sorriso estasiato sul viso.
No che non la conosco. Cosa
sarebbe ‘sta casa di Irene? E quando l’avrà imparata? Svicolo.
Christoforos annaffia ogni
pomeriggio, dopo il tramonto. Quando
arriva sotto il mio balconcino lo sento cantare.
- “Tu mi fai girar, tu mi fai
girar come fossi una bambola…"
Scopro nei giorni che il tal “Christofore!” ha
studiato in Italia. Ci è venuto per tre anni con la sua università a studiare
agraria. Ora cura il giardinetto/orto del Pano Sto Kima, dal quale rubo ogni
giorno basilico, menta e portulaca per insalata di patate. Questa cresce spontanea, è infestante, e tacito così le rimostranze del pudico, legalista filosofo.
Scuote la testa, non è convinto.
- Tieni le mani a posto! – mi esorta,
sapendo che farò a modo mio.
- Ma se gli faccio un favore! Gli
ripulisco le rogge! Non vedi che lascia marcire i meloni? Per non parlare delle
zucchine, le fa diventare dei mostri panciuti! Quella è la perchiazza.
Il filosofo scuote la testa. Non
è convinto.
- Come sai che non è tossica?
- Tu sei figlio di impiegati,
cosa ne puoi sapere di erbe?
Non gli dico che nel mio dialetto
si ingiuriano così le persone di non elevata statura. Quindi io c’entro, eccome!
Ma sto zitta e non gli do soddisfazione.
Insomma quest’anno con una
bottiglia di grappa di Franciacorta in aggiunta al bagaglio, ci imbarchiamo a Brindisi
e sbarchiamo a Patrasso, notte in Atene. Anche qui gli albergatori ci
conoscono, sanno già che chiederemo di passare quasi tutto il giorno dopo nella hall, con la Tamarra in garage fino all’ora
del traghetto. Anche quest’anno ci offriranno poltrone e acqua fresca. Se
mettiamo la testa fuori, rischiamo di seccarci come i tentacoli di polipo in
bella mostra sui fili, davanti alle taverne isolane prima d’essere arrostiti.
Arriviamo a Samos. Facciamo conoscenza
con l’isola e le sue strade tortuose. In hotel ci accoglie Despina, è incinta, suo
marito è molto giovane (come lei), hanno una bambina che si chiama Smaragda (
come l’hotel e come la nonna). Dico al filosofo che può stare tranquillo.
Nessuno griderà “Christofore!”
Il giardino è selvatico, un
ammasso indistinto di piante diverse. Una piantina di menta piperita occhieggia
seminascosta tra sgargianti ireos e irte palme, in un angolo. Ma la sera è il
gelsomino che prevale, sfidando il meltemi più maleducato del solito. Da giorni.
Sul muretto troneggia il vaso di
basilico che ho acquistato a Vathi. Con lui, il mio Vassili 2014, e la
bottiglia in valigia, sbarcheremo a Lesbo. Preparati, Christofore!
*questa è letteratura, veh!
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