mercoledì 5 ottobre 2022

Pancia d'asino (di dubbi e sconcerto)

 


Permettetemi di postare alcune incerte
riflessioni su un romanzo letto questa estate. Il mio testo è diviso in due parti: la prima stesa durante la lettura, la seconda alla fine della stessa. Spero che altri abbiano letto questo piccolo romanzo nella speranza di confrontarmi. Il turpiloquio non è mio, cito semplicemente. Se dovesse disturbarvi, potete eliminare il post.

Sto leggendo un breve romanzo che, secondo la traduttrice, dovrebbe restare nell'animo. 146 pagine scarne in tutto. Molti gli spazi bianchi, compreso numerose pagine finali per ragioni editoriali.

Sono a pag. 90 e non si muove nulla. Vita quotidiana ed erotica di due bambine, in età scolare in un preciso Barrio, avverte la quarta.

A me sembra impossibile che una bambina possa avere quella consapevolezza, come il desiderio di entrare nel “culo” e nel “corpo” dell'amica e compagna di avventure. Ma non potrei giurarlo.

Un libro acchiappa lettori pruriginosi? Si cerca il target per vendere?

Salutato come novità, a me sembra invece che, rispetto al tema infanzia e crescita, abbia degli illustri precedenti in scrittori di ben più grande calibro. Penso al meraviglioso libro di Ray Bradbury, Un' estate incantata.

Forse sarà stata una novità per la letteratura canaria? Oppure la novità è da ricercare nel linguaggio privo di qualsiasi censura o filtro? Non c' è trama, non c'è sviluppo tranne che nel capitolo finale.

La narrazione appare poco credibile, ripetitiva, senza prospettive; nutro il dubbio che l’adulta voce dell’autrice si sia sovrapposta per esasperare e rendere più appetibile una mera cronaca.

Quindi una cronaca legata alla vita del barrio e all'amicizia tra due bambine, se di amicizia si può parlare. A me pare che l' amicizia sia invece un innamoramento totale della protagonista, succube della personalità dell’amica Isora. Della prima non sappiamo il nome, Isora invece scritto ora in maiuscolo, ora in minuscolo campeggia in tutto il racconto: sfrontata, caparbia, ostinata, avventurosa. Non so se arriverò alla fine, vincendo la noia di una ripetitività narrativa, ambientale, terminologica assai defatigante.

Con tutto il rispetto per il gran lavoro della traduttrice che ha scritto una nota esplicativa alla fine del racconto. E che abbia sentito questa esigenza è di per sé significativo.

Magari un piccolo glossario avrebbe aiutato a capire. Ci sono termini che sfuggono alla comprensione.

Il libro è Pancia d' asino di Andrea Abreu, Ponte alle Grazie.


Sono arrivata alla fine.

Mi sono convinta che il racconto è estetizzante a suo modo, che proceda da una costruzione fatta più per stupire, negando ogni aspetto di ingenuità dell'infanzia e con riflessioni non alla portata dell'esperienza e della capacità di astrazione dei bambini e bambine di quella età.

Non so se la mia impressione possa supportata dalle scienze psicologiche e sociali, ma tutto mi sembra esagerato per costruire un mondo mitico, folkloristico. Un esempio: due bambine si incontrano (non Isora), l' una propone di giocare, finiscono per mordersi reciprocamente la "patata", il termine fica è riservato solo a Isora. Strusciarsi, cioè masturbarsi, è la norma. Hanno le "barbi", ma i giocattoli non costituiscono il loro strumento di gioco, prevalgono gli strusciamenti. È pur vero che in certe realtà si cresce in fretta, ma il racconto non dà spazio alla crescita, registra ciò che accade nel momento e stop.

Assenza di madri e padri, una è morta, bambine affidati alle nonne, alle zie, alle vicine. I maschi adulti non esistono proprio come genitori. Non sono poveri, hanno la tv, il "gemboy", i panini al formaggio e prosciutto, ma vivono ai margini della città e del mondo dorato dei turisti, dei “griturismi", attività che permette la sopravvivenza di molte famiglie, ma ne scompiglia la vita. Le piccole non hanno regole, vivono selvaticamente come il cane Sinson, "cacano" e "pisciano" dove si trovano, come lui; le bambine vanno a scuola saltuariamente, frequentano il corso di informatica solo per chattare e provocare l' interlocutore che non aspetta altro che mostrare un enorme pisello senza che il maestro se ne accorga o le guidi nel lavoro.

Non c' è traccia di educazione sentimentale o sessuale, ma nei discorsi delle adulte le bambine sentono spettegolare le zie, le nonne, su quindicenni già incinte. Sanno cosa succede, ma ne ignorano il perché, chiuse nel loro mondo di desideri spiccioli, come andare al mare.

Sognano di uscire dal barrio, ma ne sono prigioniere: un elemento questo che riporta paradossalmente all’unica nota di credibilità. La conclusione è tragica, fulminante. Del resto i sogni dell' infanzia spesso sono contraddetti dalla realtà della vita. Si cresce attraverso il dolore indicibile che spezza e annienta.

Se doveste provare a leggerlo, mi piacerebbe conoscere le vostre impressioni.

Non mi ha convinta per nulla.






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