Uno dei segni più evidenti della vecchiaia, più che il
decadimento fisico che si può mascherare in qualche modo, a condizione di avere
tanti soldi e di volerlo fare, è lo specchiarsi una mattina e scoprire nel corpo
i tratti dei propri genitori. Non solo nel volto, nelle mani, nelle movenze
deambulatorie, ma anche in certi atteggiamenti e in certe azioni. E quando si
invecchia ti riscopri figlio o figlia in debito per eventi naturali, dovuti al
dna, o ai comportamenti che solo l’educazione lascia impressi, talvolta
nascosti, ignoti all'io, fino a quando gli anni trascorsi non ti mettono
davanti a certezze incontrovertibili.
Gli anni della giovinezza sono una vela al vento. Non
ti chiedi quasi mai da dove derivi quella forza invisibile. Si sente e basta. Quel
vento, gagliardo e prepotente, spira quasi sempre in direzione contraria: la
voglia più grande è quella di allontanarsi, tentando una costruzione originale
e alternativa che sia propria, che abbia tratti fortemente individuali non
condivisi.
Capita così che i figli quasi mai vogliano fare nella vita quello
che hanno fatto padri e madri. Succede anche il contrario, spesso in caso di
privilegi ereditari e di conformismo inoculato come estrema difesa del proprio
status. Ma qui non voglio fare lodi a Telemanco, a dire il vero non troppo
autonomo nelle scelte checché ne dica lo psichiatra di moda, né rampognare
Ulisse il viaggiatore o Penelope nella sua fedeltà a quel letto d’olivo deserto da un ventennio.
Vorrei solo dire quello che sto provando da qualche tempo su di me: mi scopro
sempre più simile ai miei genitori, in un’alzata di ciglio, in una ruga. A
volto, se mi ascolto, persino in tonalità di voce. Nel modo di prendere o
afferrare gli oggetti o di uscirmene in una battuta imprevista. Allora riscopro
anche in me le timidezze di mio padre e l’assertività di mia madre, le mani grandi
e nodose dell’uno e la prontezza di reazione dell’altra. Io che di mamma non ho
gli occhi azzurri e la carnagione candida e di papà non ho l’altezza della
statura e la forza delle membra. Eppure scopro quanto io cominci ad
assomigliare a loro.
Sono particolari impercettibili e sfuggenti, ma si sa che da vecchi si gode di più tempo per osservare anche se stessi. E ci si chiede con insistenza chi sei e chi sei stato, se l’immagine di te che hai coltivato sia stata un’operazione del tutto autonoma o se sia soltanto un’elaborazione nel tempo di elementi già insiti, per natura ed “arte” sottoposti alle sollecitazioni del tempo e agli impulsi esterni ed estranei al soggetto. Quanto mi piace quest’agnizione? Devo dire molto.
Sono particolari impercettibili e sfuggenti, ma si sa che da vecchi si gode di più tempo per osservare anche se stessi. E ci si chiede con insistenza chi sei e chi sei stato, se l’immagine di te che hai coltivato sia stata un’operazione del tutto autonoma o se sia soltanto un’elaborazione nel tempo di elementi già insiti, per natura ed “arte” sottoposti alle sollecitazioni del tempo e agli impulsi esterni ed estranei al soggetto. Quanto mi piace quest’agnizione? Devo dire molto.
È per questa eredità d’affetti se mi dedico al
recupero delle piante martoriate da meltemi qui nell’isola. Tra queste un
povero basilico vittima dell’incuria delle persone e del tempo atmosferico. L’ho
trovato ribaltato ai piedi del terrazzino dell’hotel dove soggiorniamo. La padrona
dell’hotel mi ha fatto capire che sarebbe meglio che ci pensassi io. Va bene. Così
il Vassili spiumato, con le foglie accartocciate dal vento e dal sole, ma con
con le cime di fiori pronti a sbocciare, è stato accolto in casa a far
compagnia ad altri due Vassili (è il nome della tribù) ben più rigogliosi e
protetti.
È alla medesima eredità d’affetti si deve la presenza nei miei racconti di un qualche straniero
da accogliere, da trattare con umanità e senza sdolcinature. È a questa
eredità d’affetti che devo l’amore per la vita ovunque e in qualsiasi forma si
manifesti, venisse anche dai monti Rifei in groppa all’Ippogrifo. Anche questo
ho ereditato: la meraviglia di credere alle favole, quelle che
divertono la fantasia, non altre.
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