L’erba dei re. Per loro
tre fu semplicemente Vassili.
All’inizio fu la vista del verde. Quella
particolare sfumatura di verde, ancora gravido di giallo, così desideroso di
blu. Di infinito. “Mentre che la speranza ha il fior del verde”. “Verdi come fogliette
pur mo’ nate erano in veste, che da verdi penne percosse traean dietro e
ventilate”. Sì, fu proprio questo ad attrarre la signora. Il colore verde di
dantesca memoria. E poi fu il tatto, e l’olfatto gli tenne dietro come
impellenza irruente. Il palato sciolse l’enigma.
- Sa di cannella - disse sicura.
- Come, di cannella? - replicò la figlia
- Certo, annusa prima mentre scuoto
piano e poi annusa una foglia spezzata.
- Speziato, sì, è speziato - confermò
autorevole il padre.
Intanto il piccolo basilico fremeva nel
vento della terrazza sul mare. I suoi rametti, memori delle ali degli angeli
del Purgatorio, vibravano, tentando forse un volo impossibile. Vassili si degnò
di accompagnarli, lei, figlia e filosofo, in Tessaglia, in Macedonia, in
Tracia. A Verghina lo parcheggiarono imbronciato
(ma poi bevve e sorrise) sul davanzale della finestra dell’hotel, così a Gianina,
finestra fronte lago, affinché non sentisse la nostalgia di casa, lui che era
nato a Thasso, sulla terrazza quasi galleggiante nella baia di
Alikì. Il lago era molto grande e si sperava che il piccolo Vassili lo scambiasse
per mare. Con i bambini, a fin di bene, si può barare. Vassili in Italia ebbe
vita lunga e prosperosa, riproducendosi in tante propaggini (eresia botanica,
ma vabbuò) profumate che vennero regalate alle colleghe della signora. Arrivava
a scuola con i vasetti di plastica raccattati in un vivaio e distribuiva
bellezza in quella squallida sala docenti. Con grande scandalo dei colleghi che
si consideravano i “guardiani del tempio” e non semplici passeur (Pennac sarebbe
felice!). Lei, per spiegare Virgilio, arrivava in classe con Tamerice e Amarillis.
E quando toccava al sublime Giacomo (lo chiamava così alla faccia degli snob)
arrivava con le ginestre (di vivaio) profumate di poesia. Tra parentesi, quando
chiese alla vice preside se fosse possibile ospitare un’Amarillis che avevano
allevato in classe, la vicepreside fece un balzo indietro credendo fosse un
animale e si quietò soltanto di fronte al lussurioso enorme fiore della
bulbosa. E per spiegare il dattilo, la signora prof. mimava il tempo di un
valzer immaginario, battendo sulla cattedra un, due tre/— ∪ ∪ / un, due, tre /— ∪ ∪ /un, due, tre… trattenendosi dal
ballare tra i banchi.
Il profumo di Vassili,
detto Premier, abitò varie terrazze e qualche giardino. La sua tutrice aveva
soltanto un balcone, ma Vassili Premier non se ne lamentò mai. Ebbe davvero una
vita felice.
Vassili Deux ammaliò la
signora, che non sapeva opporre resistenza alle tentazioni, sul lungomare di
Vathi, capitale di Samo, qualche anno più tardi. Ci passò davanti per due
volte, alla terza entrò e lo comprò. Un pallone verde (le acciughe fanno il
pallone…) tenero e compatto. Giovane guerriero corazzato nell’impalpabile
levità delle foglioline. Questa volta fu solo la bellezza a vincere. Non venne
usato in cucina né strappato per adornarsi come facevano un tempo le ragazze
greche ai balli popolari. Fu collocato con studiata riflessione sul cornicione
della camera dell’hotelluccio che li ospitava per le vacanze, in compagnia
assai variegata e pimpante. La terrazza era custodita da piante rampicanti che,
dal giardino sottostante, le facevano cortina e pergolato. A tappare ogni
spazio vuoto ci pensavano rose, ireos, petunie e affini.
Stavolta in vacanza erano
solo in due, perché gli orizzonti dei figli diventano necessariamente
alternativi a quelli dei genitori, ma il nome del pallone verde fu nuovamente Vassili,
e per non offendere la memoria di Premier si decise di chiamarlo Deux. Stirpe
regale richiede decenza e garbo. La signora ne era estasiata: ogni mattina,
appena alzata, usciva a salutare Vassili Deux, controllava che avesse bevuto,
che nessun bruco si sognasse di pasteggiare con le tenere foglie. Il marito la
immortalò mentre lo abbracciava, mentre infilava la faccia tra le foglie,
mentre versava l’acqua al sitibondo (che caldo!), insomma seguiva le mosse di
sua moglie, sospettando una qualche ragione dietro quel comportamento
esagerato. Ci fu persino chi, Giorgio, su Facebook, vedendo quelle pose, le
fece un commento ironico ricordando Elisabetta da Messina e insinuando che lì
sotto, al fresco tra le radici, la signora avesse (idealmente?) sepolto gli amori
segreti. Poi Vassili fu felice del trasferimento in un'altra isola: dal balcone vedeva il mare e sentiva meno la nostalgia del blu.
Vassili Deux diventò un
personaggio. La sera, internet permettendo, gli amici le chiedevano di lui,
soprattutto le amiche, ché Vassili era troppo bello e non si poteva non
innamorarsene. Insomma un filo di amore, simpatia, ironia, indulgenza o
derisione (scegliete voi) correva tra le maglie della rete.
Vassili Deux superò
brillantemente il lungo viaggio di ritorno. Tre traghettamenti, due
attraversamenti per terra: lui niente! Fiero e olezzante, tutta la macchina ne
era inondata, toccò il patrio suolo della coppia, indenne come un sovrano sul
trono, appunto.
- Sono a casa, finalmente - scriveva lei sulla sua bacheca di Faccialibro.
- E Vassili? - chiedevano
insistentemente le voci amiche.
Tocca al narratore
svelare la sorte di Vassili Deux. Si trova in un Camposanto. No, no,
tranquilli, non è mica morto! Fa compagnia col suo profumo a una coppia di
signori che avevano consegnato in dote alla figlia (la nostra “amica” di fb)
l’amore per le piante, il naso per i profumi, il rispetto per tutto ciò che
vive e ci circonda, l’attenzione nel guardare in terra e vedere le formiche, la
voglia di guardare al cielo e dire: che bello stasera! E se volete sapere di
Vassili Deux, d’ora in poi dovete chiederlo a voi stessi.
Vassili mi ricorda il napoletano "vasenicola" (che dal greco presumibilmente deriva), ed è una pianta che racchiude bellezza e memoria. Annusarla è felicità, e attraverso il tuo racconto mi è parso di percepirne il profumo.
RispondiEliminaIsa, siamo vicine di casa, se non fosse per qualche differenza di pronuncia!
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