Sembra noioso, ma spesso non lo è. Che cosa? Fare la spesa. Uno
dei doveri più ripetitivi e mai espletati del tutto. Per quanto si mangi poco…
la dispensa mostra una voracità illimitata.
Coppia di signori più o meno della mia età (Che devo
dirvela? Si vince facile.) Il monticello bruno delle melanzane luccica di
rugiada. No, non è la freschezza a produrre la meraviglia mattutina, ma più
prosaicamente il passaggio dai frigoriferi dei depositi alla temperatura
ambiente. E siamo ancora sui venti gradi abbondanti. Giustificata in pieno la
voglia di una bella parmigiana.
Dicevo, la coppia.
Lui: ‒ Prendi due melanzane.
Lei si stringe nelle spalle, resiste. Ne prende una, la soppesa.
Guarda il marito, sperando che lui l’aiuti nella scelta. Io scalpito. Se si
fanno da parte, sarebbe meglio. La sporta di plastica spessa comincia a pesare.
Ha già ingoiato pomodori, fagiolini, scarola, prezzemolo, sedano e carote. E il
filosofo che stoico la regge mi fa cenno di sbrigarmi. I due mi guardano con
una strana luce negli occhi. Non raccolgo.
Lui, facendosi coraggio: ‒ Chiedi alla signora!
Sì, perché io mi sono intrufolata nella loro sospensione valutativa
e cerco di prendere le mie melanzane. Le ho scelte con gli occhi.
Lei mi guarda ed esclama: ‒ Ma devono perdere l’acqua!?
‒ Sì, se vuole ‒ faccio io con malagrazia, lo ammetto.
Intanto la signora mi ha risoffiato il posto.
‒ Si fanno in tanti modi, vero?
‒ Vero ‒ confermo. Poi, mossa a compassione e, sospinta a mia
volta dalla pressione della fila che si va componendo dietro di me non troppo
ordinatamente, butto lì una sfilza di proposte che si scontrano con il mesto
contrappunto “Ma devono perdere l’acqua!”
Io rischio di disidratarmi, comincio a sudare, ingoio saliva.Nello stesso tempo vedo le melanzane trasudare, inondare la mia cucina della loro acqua. Partoriranno? O il flusso continuerà spumeggiante e solenne come cascate?
Io rischio di disidratarmi, comincio a sudare, ingoio saliva.Nello stesso tempo vedo le melanzane trasudare, inondare la mia cucina della loro acqua. Partoriranno? O il flusso continuerà spumeggiante e solenne come cascate?
Lei: ‒ C’è chi fa la caponata, vero?
Io, interessata: ‒ Ecco, vada a prendere allora un bel sedano!
‒ Sedano? ‒ la signora è sconvolta. Gli occhi di suo marito
diventano più grandi, quelli del mio si stringono fino a diventare due fessure.
‒ Lascia stare, va là ‒ ci soccorre sfinito e pentito il marito
numero uno. Il filosofo riapre gli occhi, io afferro le mie melanzane.
Li guardo allontanarsi mesti con il loro pacchetto di carote. ‒ Per
la minestrina ‒ aveva trovato il tempo di dirmi la signora.
Morale della favola: la moda teleculinaria fa più danni di quanto non si
creda. Spinge anziane signore alla cucina “esotica”, mette in crisi matrimoni,
determina una densità di corpi statici davanti ai banchetti delle verdure che
solo dio lo sa. Lo stesso accade nei supermercati al banco del pesce, e persino
al banco della carne. Ormai ci strizziamo reciprocamente l’occhio col
pescivendolo, col macellaio subissati loro malgrado da quesiti culinari. Costretti
a spiegare che il pesce bisogna squamarlo, che lo spezzatino non cuoce in venti
minuti.
“ O voi che siete in piccoletta barca/tornate a riveder li vostri
liti…! Che Dante mi perdoni se spargo i suoi versi come fosse prezzemolo.
Cucinate quello che sapete senza farvi mortificare e, se odiate
cucinare, non sentitevi in colpa, sorelle! Ché le cuoche televisive tali non
sono, fanno finta.
Quanto detesto i/le cuochi/e dell'ultim'ora, quelli/le che s'improvvisano tali solo perché seguono master-scem e compagnia cucinante. Vogliono stupire con effetti speciali ma farebbero più bella figura a cucinare i classici du' spaghi
RispondiElimina:-D