E parliamo pure di questo nostro
quotidiano. Di donne, per esempio, che, quando s’incontrano, si squadrano con occhio censorio,
vagolante tra benevolenza e malignità. Signore a modino.

A me non poteva capitare: passavo,
e passo, inosservata. Non è che non sia sensibile alla seduzione, ma per me è sempre
stata un fatto più sottile e, se si vuole, più totalizzante; del tipo, se mi
vuoi, vieni a cercarmi; vieni a cercare quello che sono io davvero; se mi vuoi,
prendimi l’anima. Lontana e aliena da ogni compiacenza. In verità la mia ricerca
si concluse alla soglia dell’età adulta e continua ancor oggi in un percorso di
conoscenza e amore estenuante, ma allo stesso tempo molto gratificante. Mi
ritengo fortunata nell’aver saputo scegliere. Sì, io ho scelto, non mi sono
fatta scegliere, per forza di cose.
Epperò la vita riserva delle
sorprese. Riassumo il fatto, senza il quale non riuscirei a comunicare la mia
sensazione di disagio.
Insieme alla mia amica incontro
due ex colleghe a un evento cittadino. Saluti e convenevoli. Ci si siede in due
file diverse delle poltroncine del Vanvitelliano, il salone ufficiale della
Loggia, sede del Comune di Brescia. Alla fine della manifestazione una delle due,
alta, grande e fica, mi viene incontro e mi mette le mani nei capelli,
raccogliendoli a coda.
- Sono troppo lunghi, fatti la
coda, staresti meglio.
Poi si corregge subito in un “saresti
più bella”più educato e gentile.
Io fanfuglio qualcosa, senza dare
peso all’alta, bianca (ora) e fica. Ci avviamo separatamente al bar per il
rinfresco. In realtà io vorrei esimermi, ma non riesco. La mia amica mi prega
di accompagnarla, e giù motivi vari che non interessano a questo discorso.
Sedute per ‘sto aperitivo del c.,
la signora ripete la manovra. Mi tira i capelli, poi li lascia andare. Sopraggiunge
la sua compagna, in petite robe noir (sintetica) e perle di fiume al collo. Con
evidenti e annosi problemi di alopecia.
- Sai, - ammicca, lei vuole fare
l’alternativa.
La mia ironica e timida risposta
si è persa nell’aria; non hanno ascoltato. Avrei voluto mandarle cordialmente
affanculo, ma non potevo per la circostanza.
Mi è rimasto addosso un senso di disagio.
Sarei dovuta essere contenta. Finalmente nella mia vita due galline si sono
scomodate per me. Un tributo alla mia avvenenza senile? Ma quando mai. Poi ho
riflettuto: alle ladylike ha fastidio una donna (anziana e loro coetanea) che va in giro con i capelli
medusei, non domati dalla mano sapiente di un parrucchiere, spettinata, restia
alle movenze dei bigodini, alla messa in piega che mi avrebbe forse trasformato
in una signora per bene. In Bignardi mood. Mi hanno messo le mani tra i capelli,
vi rendete conto? Come quando la direttrice suora della mia scuola veniva a
mettermi la molletta alla frangetta per tenermi in ordine. Come quando mia zia,
ero sua ospite, mi fece tagliare le trecce senza dirlo a mia madre che,
poveretta, non mi riconobbe quando tornai a casa.
Mi sono sentita come qualcosa da
sistemare, da mettere a posto per stare in quel luogo con loro. Come allora. Frugata
e violata nel mio modo di essere. Inadeguata.
Cosa diciamo quando parliamo di
donne? Non tutte, per fortuna. Ma oggi sono ancora incazzata. - Era solo
invidia - mi conforta la mia amica. Invidia di che?
Non credo, c’era qualcosa di più, terribile
e crudele, che non riesco ancora a circoscrivere nella categoria dell’invidia.