Il carciofo dal cuore tenero
si vestì da guerriero
impettito, eresse
una piccola cupola,
si mantenne
all’asciutto
sotto
le sue squame
attorno a lui
le verdure impazzite
si incresparono
divennero
viticci, infiorescenze,
bulbi commoventi,
dentro le zolle
dormì la carota
dai baffi rossi
la vigna
inaridì i tralci
da cui sgorga il vino
la verza
si diede a provar gonne
l’origano
a profumare il mondo
e il dolce
carciofo
lì nell’orto,
vestito da guerriero,
brunito
come bomba a mano,
orgoglioso,
e un giorno
a ranghi serrati
in grandi canestri
di vimini, camminò
alla volta del mercato
a realizzare il suo sogno:
la milizia.
Nelle filiere
mai fu tanto marziale
come alla sagra
Gli uomini
fra le verdure
con i loro bianchi camici
erano
i generali
dei carciofi
le file ordinate
le voci di comando
e la detonazione
di una cassa che cade
ed ecco
allora
arriva
Maria
con il suo cestino
sceglie
un carciofo
lei non ha paura
lo esamina, lo osserva
controluce come fosse un uovo,
lo compra
lo infila a casaccio
nella sua sporta
tra un paio di scarpe,
un cavolo e una
bottiglia
di aceto
finché
entrando in cucina
lo annega nella pentola.
Così termina
in pace
la carriera
del vegetale armato
che ha nome di carciofo
poi
scaglia a scaglia
spogliamo
la delizia
e mangiamo
la pacifica polpa
del suo verde cuore. (Pablo Neruda)
“Questa qui dà i numeri” lo penserei anch’io, se non fosse che le mie letture (mi devo consolare ogni tanto dell' insipienza della mia scrittura) non mi avessero pilotato verso don Pablo. Leggo e rileggo la sua memorabile “Ode al carciofo”. Rimango a bocca aperta davanti al carciofo che emerge maestosamente sotto i miei occhi, impavido tenero guerriero. Una metalessi da fare paura. Quello che non riesco a digerire (ché di alimentazione si tratta) è la povera Maria, una cuoca pasticciona (butta con noncuranza il carciofo nella sua sporta tra scarpe, cavolo e una bottiglia di aceto), che arrivata a casa annega senza un biff lo scaglioso legume (passatemi il francesismo) in acqua bollente. Così com’è, cotto e mangiato, direbbe una nota signora degli schermi culinari.
Questo, no! Non posso sopportarlo. La poesia è pericolosa, le sue metafore mirano all’assoluto, agli archetipi che, una volta escogitati (devo ammettere divinamente dai poeti, quelli veri), ti si appiccicano addosso come la pece e… addio. Mi chiamo Maria, è noto, ma non vorrei rimanere imbrigliata nel prototipo della Maria dell’ode, con la quale condivido soltanto il gesto sicuro nella scelta del soldatino corazzato di viola e di verde.
Mi tocca quindi il bieco compito di distrarvi dalle affabulazioni estetiche di don Pablo e riportarvi nella prosaicità dei precetti asseverativi di una cuoca che aborre l’abborracciamento (notare l’allitterazione, nonché lo pseudo poliptoto) sulla preparazione del nobile ortaggio.
Il carciofo, capolino del Cynara Scolymus, va acquistato solo se:
Le sue brattee sono serrate, chiuse, e non lasciano intravedere il cuore che emerge
Il gambo ha la lunghezza di circa 15 cm ed è turgido
Le vostre dita, premendo la pancia del carciofo, avvertono resistenza (sennò che corazza è?) e non vuoto.
Quindi, una volta sul vostro piano di lavoro, cominciate a mondare il carciofo dalle brattee, (le poetiche squame) visibilmente più legnose. Proseguite senza usare il coltello che falcia senza pietà, insieme alle parti dure, anche le tenere (non si spreca come ho visto fare in Piazza Erbe a Verona dalla vecchina che mondava carciofi per la grassa borghesia cittadina, e come vedo fare, inorridisco, in cucine televisive). Il consiglio è quello di usare le mani, piegando le brattee una ad una: si spezzeranno nel punto in cui la ferrea durezza cederà a una consistenza più cedevole e dal colore che tende al giallino. Il carciofo si espugna assediandolo tutt’intorno. Una vera fortezza. Arrivati in cima, allora sì che potete segarne ciò che rimane e pareggiare.
Solo a questo punto affrontate il gambo che, a seconda delle preparazioni, richiederà un taglio diverso:
Netto alla base
Oppure lasciando due o tre centimetri.
I gambi non si buttano via: si possono pelare con facilità dato che il fusto è carnoso e striato longitudinalmente. Fate come fareste con un gambo di sedano, con un pizzico di decisione in più, per toglierne i filamenti. I gambi si cuociono insieme ai cuori. Sono la parte più dolce. Dimenticatevi di utilizzare i gambi, se i carciofi non sono freschi.
Tuffate i carciofi in una ciotola colma di acqua in cui avrete stemperato un paio di cucchiai di farina (se non volete che anneriscano, perché il carciofo non dimentica la sua natura guerriera e continua e sputare bile ferrosa. Il succo di limone, ottimo condimento a cottura ultimata, potrebbe intaccarne il sapore originario).
(continua…)
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