venerdì 3 maggio 2019

Mari, l'enigmatico

Ieri sera a Rogno per ascoltare Michele Mari. Il paese mi ha un po' inquietato: piccolo, snodato lungo una provinciale che lo attraversa con qualche diramazione laterale. Circa 4000 abitanti, dice il vicesindaco. Case dignitose apparentemente disabitate: ho contato tre luci accese dietro le mute finestre. La pioggia insistente non creava certo un aspetto gaio. Poi un miracolo, quello di una biblioteca civica attiva, vivace come la sua responsabile. Qui, in un paese sulle colline bergamasche attorno al lago d'Iseo, l'enigma di Michele Mari, l'homo secretus. L'uomo che vorrebbe, a suo dire, essere conosciuto solo per i suoi libri. In effetti nulla (o quasi) ha svelato di sé, e io stessa mi sono tenuta lontana dai suoi scritti autobiografici perché credo che nessun testo possa essere velato o falsato più di quello dichiaratamente autobiografico. Perché cercare una verità impossibile? Mari è persona educata ma ferma nella sua splendida riservatezza. Nessuna concessione all'accoglienza o alla piaggeria. Un alieno nella fiera consueta delle presentazioni di libri. Ma non era proprio questo il caso. Pensavo di scrutare l'uomo, il magnifico giocoliere della lingua italiana, invece mi sono trovata a essere scrutata, pur annegata nel pubblico, da due occhi scuri, profondi come la notte, su un viso severo da predicatore domenicano. Un uomo barricato nei suoi sudari letterari con improvvisi scarti e scarne incursioni nell'umano in virtù di una clavicola "lasciata sul campo di calcio" in una partita della Nazionale Scrittori. Non so se il filtro letterario sia stato per Mari l'unico approccio alla vita. Non una parola sul suo rapporto col mondo. Non so se abbia amato qualcosa o qualcuno al di là delle "sudate carte ". Non so nemmeno se possa o voglia essere considerato ancora come "intellettuale", quella figura sociale intermedia di gramsciana memoria del cui apporto la società si nutre, o si nutriva, ammesso che ci sia qualcosa da spolpare. Insomma l'enigma Mari rimane ben custodito, come il panorama notturno di Rogno. A me non resta che continuare a leggerlo, per cercare di imparare qualcosa dalla sapienza dei suoi scritti. E non so se mi rimarrà ancora il desiderio di sapere qualcosa di più sull'uomo dal severo cipiglio, dal "gran dispitto". Per una cuoca prestata alla letteratura, come me, capite bene che "I demoni e la pasta sfoglia" è una credenziale perfetta.



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