mercoledì 10 settembre 2014

Odorose peripezie






L’erba dei re. Per loro tre fu semplicemente Vassili.

All’inizio fu la vista del verde. Quella particolare sfumatura di verde, ancora gravido di giallo, così desideroso di blu. Di infinito. “Mentre che la speranza ha il fior del verde”. “Verdi come fogliette pur mo’ nate erano in veste, che da verdi penne percosse traean dietro e ventilate”. Sì, fu proprio questo ad attrarre la signora. Il colore verde di dantesca memoria. E poi fu il tatto, e l’olfatto gli tenne dietro come impellenza irruente. Il palato sciolse l’enigma.



- Sa di cannella - disse sicura.

- Come, di cannella? - replicò la figlia

- Certo, annusa prima mentre scuoto piano e poi annusa una foglia spezzata.

- Speziato, sì, è speziato - confermò autorevole il padre.



Intanto il piccolo basilico fremeva nel vento della terrazza sul mare. I suoi rametti, memori delle ali degli angeli del Purgatorio, vibravano, tentando forse un volo impossibile. Vassili si degnò di accompagnarli, lei, figlia e filosofo, in Tessaglia, in Macedonia, in Tracia. A Verghina lo parcheggiarono imbronciato (ma poi bevve e sorrise) sul davanzale della finestra dell’hotel, così a Gianina, finestra fronte lago, affinché non sentisse la nostalgia di casa, lui che era nato a Thasso, sulla terrazza quasi galleggiante nella baia di Alikì. Il lago era molto grande e si sperava che il piccolo Vassili lo scambiasse per mare. Con i bambini, a fin di bene, si può barare. Vassili in Italia ebbe vita lunga e prosperosa, riproducendosi in tante propaggini (eresia botanica, ma vabbuò) profumate che vennero regalate alle colleghe della signora. Arrivava a scuola con i vasetti di plastica raccattati in un vivaio e distribuiva bellezza in quella squallida sala docenti. Con grande scandalo dei colleghi che si consideravano i “guardiani del tempio” e non semplici passeur (Pennac sarebbe felice!). Lei, per spiegare Virgilio, arrivava in classe con Tamerice e Amarillis. E quando toccava al sublime Giacomo (lo chiamava così alla faccia degli snob) arrivava con le ginestre (di vivaio) profumate di poesia. Tra parentesi, quando chiese alla vice preside se fosse possibile ospitare un’Amarillis che avevano allevato in classe, la vicepreside fece un balzo indietro credendo fosse un animale e si quietò soltanto di fronte al lussurioso enorme fiore della bulbosa. E per spiegare il dattilo, la signora prof. mimava il tempo di un valzer immaginario, battendo sulla cattedra un, due tre/— ∪ ∪ / un, due, tre /— ∪ ∪ /un, due, tre… trattenendosi dal ballare tra i banchi.

Il profumo di Vassili, detto Premier, abitò varie terrazze e qualche giardino. La sua tutrice aveva soltanto un balcone, ma Vassili Premier non se ne lamentò mai. Ebbe davvero una vita felice.

Vassili Deux ammaliò la signora, che non sapeva opporre resistenza alle tentazioni, sul lungomare di Vathi, capitale di Samo, qualche anno più tardi. Ci passò davanti per due volte, alla terza entrò e lo comprò. Un pallone verde (le acciughe fanno il pallone…) tenero e compatto. Giovane guerriero corazzato nell’impalpabile levità delle foglioline. Questa volta fu solo la bellezza a vincere. Non venne usato in cucina né strappato per adornarsi come facevano un tempo le ragazze greche ai balli popolari. Fu collocato con studiata riflessione sul cornicione della camera dell’hotelluccio che li ospitava per le vacanze, in compagnia assai variegata e pimpante. La terrazza era custodita da piante rampicanti che, dal giardino sottostante, le facevano cortina e pergolato. A tappare ogni spazio vuoto ci pensavano rose, ireos, petunie e affini.

Stavolta in vacanza erano solo in due, perché gli orizzonti dei figli diventano necessariamente alternativi a quelli dei genitori, ma il nome del pallone verde fu nuovamente Vassili, e per non offendere la memoria di Premier si decise di chiamarlo Deux. Stirpe regale richiede decenza e garbo. La signora ne era estasiata: ogni mattina, appena alzata, usciva a salutare Vassili Deux, controllava che avesse bevuto, che nessun bruco si sognasse di pasteggiare con le tenere foglie. Il marito la immortalò mentre lo abbracciava, mentre infilava la faccia tra le foglie, mentre versava l’acqua al sitibondo (che caldo!), insomma seguiva le mosse di sua moglie, sospettando una qualche ragione dietro quel comportamento esagerato. Ci fu persino chi, Giorgio, su Facebook, vedendo quelle pose, le fece un commento ironico ricordando Elisabetta da Messina e insinuando che lì sotto, al fresco tra le radici, la signora avesse (idealmente?) sepolto gli amori segreti. Poi Vassili fu felice del trasferimento in un'altra isola: dal balcone vedeva il mare e sentiva meno la nostalgia del blu.

Vassili Deux diventò un personaggio. La sera, internet permettendo, gli amici le chiedevano di lui, soprattutto le amiche, ché Vassili era troppo bello e non si poteva non innamorarsene. Insomma un filo di amore, simpatia, ironia, indulgenza o derisione (scegliete voi) correva tra le maglie della rete.

Vassili Deux superò brillantemente il lungo viaggio di ritorno. Tre traghettamenti, due attraversamenti per terra: lui niente! Fiero e olezzante, tutta la macchina ne era inondata, toccò il patrio suolo della coppia, indenne come un sovrano sul trono, appunto.



- Sono a casa, finalmente - scriveva lei sulla sua bacheca di Faccialibro.

- E Vassili? - chiedevano insistentemente le voci amiche.



Tocca al narratore svelare la sorte di Vassili Deux. Si trova in un Camposanto. No, no, tranquilli, non è mica morto! Fa compagnia col suo profumo a una coppia di signori che avevano consegnato in dote alla figlia (la nostra “amica” di fb) l’amore per le piante, il naso per i profumi, il rispetto per tutto ciò che vive e ci circonda, l’attenzione nel guardare in terra e vedere le formiche, la voglia di guardare al cielo e dire: che bello stasera! E se volete sapere di Vassili Deux, d’ora in poi dovete chiederlo a voi stessi.






2 commenti:

  1. Vassili mi ricorda il napoletano "vasenicola" (che dal greco presumibilmente deriva), ed è una pianta che racchiude bellezza e memoria. Annusarla è felicità, e attraverso il tuo racconto mi è parso di percepirne il profumo.

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  2. Isa, siamo vicine di casa, se non fosse per qualche differenza di pronuncia!

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