martedì 2 settembre 2014

Il telo rapito




È questione di relazione. Forse.
Non sarà stato l’effetto farfalla a far sparire il mio favoloso telo da spiaggia acquistato qualche anno fa e mai usato? Giallo spugnoso da un lato e giallo- lilla in cotone indiano dall’altro. Ciuffetti di frangia sui lati. Non se se mi spiego.
Nessuno ruba nulla qui in Grecia. Da un mese e passa lasciamo sulla terrazza a piano rialzato tutti i nostri oggetti, e sono tanti. Canne da pesca, ciabatte, posacenere, computer e asciugamani al sole o alla luna. Eppure il telo è sparito, spostata la pietra a forma di carapace di granseola, che lo fermava sul muretto del balcone, buttata in terra la chiave della stanza, che noi furbi avevamo messo sotto come si fa con lo zerbino nelle migliori commedie, spostate le ciabatte da spiaggia che giacevano sotto il medesimo muretto. Insomma. Entriamo. Tutto è in ordine: si fa per dire, tutto è nel meraviglioso disordine prodotto dalla nonchalance vacanziera. Non manca nulla. I computer sono lì, occhiali da sole, cellulari, orologi. Persino i nostri stracci, orfani di firme non li vorrebbe nessuno. Penso. Finanche il mio gioiello ultimo, un aragoscorpione d’argento (?) penzoloni dal laccettino “in leader, signora italiana” mi ha detto Potis, il grecobangladesciano che è diventato il mio pusher di cavigliere colorate in plastica, o d’argento che arrugginisce.

Ipotesi 1 e 2
Qualcuno che voleva andare in spiaggia dalle 20 alle 22 mentre noi s’era al ristorante, qui a due passi.
Un dispetto fatto al nostro albergatore che rogna ogni volta che qualche incauto passante gli sposta le pietre del vialetto dal suo hotel verso la spiaggia.

Ipotesi 3 (inespressa, ma frutto dell’adolescente vanitosa che ogni tanto mi possiede come demonio da esorcizzare)
Vuoi vedere che la moglie del suddetto mi ha fatto lei un dispetto per dirmi di non parlare amabilmente col suo sposo?
Scartata. E se la dico al filosofo so’ cazzi. Sì, anche perché il suddetto ieri mattina mi ha avvicinata, lui grondante di goccioline, appena uscito dalla nuotata delle dieci. Fisico niente male per uno che ha dieci anni meno di me. Quindi non di primo pelo.
“Sai che da giovane devi essere stata bella da mangiare?” Io ho fatto un sorriso tirato per due ragioni che qui espongo:
1) Non c'è offesa più grande che dire a una signora “da giovane ti avrei mangiata”. ‘Sto cafone, vorrà mica aver voluto dire che mo faccio schifo? 
2)Davvero non ho capito se il desiderio fagocitario fosse riferito a me o ai peperoni che gli ho fatto assaggiare. Cucina italiana, ingredienti greci gli avevo detto.

Ipotesi 4
Il vento isolano. Ma ieri sera non c’era vento o almeno non così forte da sollevare la “granseola” marmorea e furare il telo.

Ipotesi 5
Un ladro, lui sarebbe pure entrato, ma qualcosa glielo ha impedito e si è accontentato del telo. Nuovo. Bello.
Abbiamo deciso che d’ora in avanti, nei quattro giorni che ci restano, chiuderemo tutto e porteremo via la chiave con noi. Dovunque si vada.
E stanotte io non ho chiuso occhio. Pensavo al telo perduto, alla stranezza della cosa.

A colazione, il mattino appresso, mi si sono schiarite le idee.
- Il telo furato fa il paio coi fichi! – dico con gli occhi sulla tazza di caffellatte (senza caffè, ma con la ciofeca del liofilizzato. Caffè nostro, finito da due giorni, sigh!).
Il filosofo mi guarda, aggrotta le sopracciglia, mi scruta senza capire.
Secondo me fa finta. Candido, finge di non sapere dei fichi che cogliamo sui bordi delle strade. Quelli selvatici, di tutti. Però la mattina al mercato rivediamo un vecchio raccoglitore che con il suo motorino scassato spesso intravediamo sotto qualche albero a cui la velocità dell’andatura di Tamarra non ci consente di fermarci. Ci siamo posti una regola: non più di tre o quattro fichi per albero. Come lavarsi una coscienza impolverata dal meltemi, intanto ne abbiamo comprati da lui.
Uno scettico mah!, e il filosofo si alza per portare nel lavello la sua tazza e anche la mia.
Troverò due ore più tardi il telo arrotolato attorno allo stelo di una pianta aerea di cetriolo nell’orto del simpaticone, nascosto tra le grandi foglie raspose delle zucchine, punteggiate di fiori arancione squillante. Il cialtrone mi permette di raccogliere il basilico, emìs dont’use ripete nella sua lingua localglobal.
Anche il filosofo non è stato capace di risolvere l’enigma. Allora: fico libero!


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