Avevo finito di scriverlo. Il mio libro, eccolo. Due anni di alzatacce notturne per
inseguire una parola, un’immagine che, splendente nei pensieri,
diventava nubilosa, sciatta nelle mie parole. Solo i sogni erano nitidi. La parola opaca, la
scrittura rasposa, difficile, vacua. Poi, dopo tanto tempo, quasi il tempo
di fare la muffa, le pagine si sono svegliate. Pretendevano un maquillage che
togliesse loro la triste oscurità di quel cassetto. Intanto il cassetto stava
diventando troppo pieno: sputava le ultime pagine messe a giacere, come un
neonato sputa fuori il suo rigurgito. Con indifferenza naturale. Altri fogli,
altre parole, altri sogni allettanti, altre fate morgana al risveglio.
Come si fa a trasferire ciò che si vede e si pensa in segni
pregnanti? Non lo so. Ma quella molla che ti spinge a farlo continua a
rimbalzare impudente.
Le pagine e il maquillage, dicevo. Editing per gli
specialisti,che forse non sanno di usare un termine che ha fatto un lungo
viaggio per tornare in Italia, travestito e irriconoscibile. E-dico is- dixi- dictum-dicere.
Detto da parte di qualcuno. E quando qualcosa viene detto,
rimane lì, in quella veste rigida e perentoria. Non lo si può più negare, al
massimo correggere o rettificare con altre parole, altri vestiti, altri
belletti.
Chi legge (e corregge) è un mediatore di cui nessuno
scrittore può fare a meno. Ci si può accapigliare per giorni su una virgola, su
un calmo che non può essere
assolutamente sereno. Su un soggetto
che deve essere, pena la morte del
ritmo, collocato in fondo. Meglio all’inizio? No, mi appiattisci, non lo voglio
lì!Tertium datur, quasi sempre,
inevitabilmente. Di compromesso in compromesso, di vituperi in vituperi (si
arriva anche a questo talvolta), di eureka in eureka, le pagine si fanno belle,
diventano presentabili, vicine finalmente alla nitidezza del sogno e
infinitamente ancora lontane da quello.
“Che vita interessante”, dice sottovoce Vera, la signora che
collabora con me a rendere fruibile la casa, e che segue i ragionamenti chiassosi
tra me e il mio implacabile editor.
Lei sì che
sa cogliere, d’un botto, la verità con la legittimità di un e-ditto.
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