martedì 21 maggio 2013

Noterella a margine:omaggio al lavoro oscuro




Avevo finito di scriverlo. Il mio libro, eccolo. Due anni di alzatacce notturne per inseguire una parola, un’immagine che, splendente nei pensieri, diventava nubilosa, sciatta nelle mie parole. Solo i sogni erano nitidi. La parola opaca, la scrittura rasposa, difficile, vacua. Poi, dopo tanto tempo, quasi il tempo di fare la muffa, le pagine si sono svegliate. Pretendevano un maquillage che togliesse loro la triste oscurità di quel cassetto. Intanto il cassetto stava diventando troppo pieno: sputava le ultime pagine messe a giacere, come un neonato sputa fuori il suo rigurgito. Con indifferenza naturale. Altri fogli, altre parole, altri sogni allettanti, altre fate morgana al risveglio.

Come si fa a trasferire ciò che si vede e si pensa in segni pregnanti? Non lo so. Ma quella molla che ti spinge a farlo continua a rimbalzare impudente.

Le pagine e il maquillage, dicevo. Editing per gli specialisti,che forse non sanno di usare un termine che ha fatto un lungo viaggio per tornare in Italia, travestito e irriconoscibile. E-dico is- dixi- dictum-dicere.

Detto da parte di qualcuno. E quando qualcosa viene detto, rimane lì, in quella veste rigida e perentoria. Non lo si può più negare, al massimo correggere o rettificare con altre parole, altri vestiti, altri belletti.

Chi legge (e corregge) è un mediatore di cui nessuno scrittore può fare a meno. Ci si può accapigliare per giorni su una virgola, su un calmo che non può essere assolutamente sereno. Su un soggetto che deve essere, pena la morte del ritmo, collocato in fondo. Meglio all’inizio? No, mi appiattisci, non lo voglio lì!Tertium datur, quasi sempre, inevitabilmente. Di compromesso in compromesso, di vituperi in vituperi (si arriva anche a questo talvolta), di eureka in eureka, le pagine si fanno belle, diventano presentabili, vicine finalmente alla nitidezza del sogno e infinitamente ancora lontane da quello.

“Che vita interessante”, dice sottovoce Vera, la signora che collabora con me a rendere fruibile la casa, e che segue i ragionamenti chiassosi tra me e il mio implacabile editor.

Lei sì che sa cogliere, d’un botto, la verità con la legittimità di un e-ditto.

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